Celsius V

La storia che sto per raccontarvi non è frutto della mia pazzia bensì della follia del genere umano. Delle poche ore di vita a me ormai rimaste poco importa chi leggerà e se mai verranno prese sul serio queste parole. La desolazione alberga in me e non c'è spettacolo cosmico che possa farmi trasalire da questo torpore siderale. Ebbene, dunque, io mi chiamo Courgh, Courgh Trevor per l'esattezza.

Nato nell'anno 230 sono stato concepito proprio in questa astronave, cresciuto amorevolmente e destinato a crescere la quarta generazione di questa spedizione senza ritorno. Quando ero piccolo andavo a scuola, una scuola formata da un'unica classe. La scuola iniziava presto, ovvero a soli tre anni,

-ci sono tante cose che devi imparare Courgh.

Dicevano, e io le imparavo senza protestate, sul serio. Avevamo i computer, essi erano interconnessi con l'astronave ed era possibile consultare biblioteche virtuali, gruppi di studio, blog tutti ospitati dalla rete chiamata offnet. Offnet era ed è tuttora un surrogato di quello che chiamano sulla terra internet ma su questo, mi dilungherò più avanti. L'autosufficenza di questo cargo demoniaco si era spinta oltre ogni limite. La Celsius V era stata costruita direttamente nello spazio. Date le sue dimensioni mastodontiche era pressoché impossibile fornire una propulsione tale da alzare una così grande massa fino ad eludere la forza di gravità, gli ingegneri dunque decisero di assemblarla pezzo per pezzo nello spazio costruendo un vero e proprio cantiere approvvigionato da una moltitudine di ascensori spaziali. Spedire dalla terra materiale, manodopera e quant'altro era diventata una semplice routine scandita da un programma logistico. Ci vollero 25 anni di lavoro ininterrotto per poter portare a termine un così ambizioso progetto ma la Celsius V era fornita di tutto. Capace di generare autonomamente l'ossigeno necessario grazie a piante fatte crescere direttamente su pavimentazioni ricoperte d'acqua a più piani. Una scorta di cibo rinnovabile era composta da un allevamento animale completamente robotizzato. L'acqua veniva completamente riclicata e resa potabile in ogni sua goccia.

Era l'anno 2542 quando la Celsius V iniziò il suo viaggio, e per noi iniziava l'anno zero. Aldilà delle incredibili capacità tecniche di questa fregata esse apparivano nulle rispetto all ernome lavaggio del cervello che erano riusciti a fare gli psicologi ai nuovi abitanti di questo carcere itinerante. L'astronave era niente senza un equipaggio, ecco dunque che una notevole quantità di bambini all'epoca furono cresciuti con l'unico obiettivo di abitare la Celsius V. Selezionati duramente, istruiti, forti e sottomessi al volere degli scienziati fu loro dato un biglietto di sola andata verso le porte dell'universo. L'obiettivo della Celsius V era di entrare in contatto con potenziali nuove forme di vita e di far ritorno sulla terra. anche dopo generazioni, con una prova di vita aliena e un enorme bagaglio di esperimenti riprese analisi e quant'altro provenienti dallo spazio siderale. Non voglio dilungarmi troppo su questo chiaro fallimento.

All'età di 19 anni me ne stavo nella mia cameretta navigando su offnet. Ero solito a comunicare con i miei compagni di corso, tutti giorni mi collegavo alla pagina principale di offnet che forniva in tempo reale una comunicazione con il nostro amato pianeta terra. Ero abbastanza grande per essermi chiesto come facesse la connessione a essere in tempo reale data la distanza. Pareva ci fossero parecchie tecniche dimostrate per ottenere tali risultati, e ovviamente tali tecniche permettavano la trasmissione di un esule segnale adatto solo ad una modestissima quantità di dati. Ma non fu questo a farmi capire la verità. Offnet era una copia quasi completa dell'intero internet terrestre così come appariva qualche mese prima di questa spedizione. Per questo in realtà si trattava di un'enorme rete ma offline, i suoi contenuti per oltre 200 anni sono sempre rimasti gli stessi, salvo gli esuli contenuti aggiunti dall'equipaggio della Celsius V. Ragazzi, io sono sempre stato un gran smanettone e una volta, quasi per caso ficcando il naso qua e la scoprii una falla nella gestione del computer di bordo. Quel porco che si faceva spacciare per un sistemista di gran classe non era altro che una salsiccia spaziale senza capo ne coda. Mr Sistemista era una schiappa, lasciò il tesserino con tutte le password del computer principale proprio in sala mensa, dopo essersi ingozzato di un tiramisù al surrogato di caffè. Povero scemo. Sfruttai la combinazione password con una cartella sprotetta condivisa nel cervello centrale e da li riuscii a prendere l'intero possesso del sistema. Sotto crittografia trovai i file della verità, scomoda bollente, nessuno nella Celsius V ne era al corrente. Un documento redatto dal dipartimento aerospaziale spiegava in dettaglio che in caso di fine prossima era giusto sapere la verità, verità per altro inimagginabile e crudele quanto può solo esserlo il genere umano. In realtà i contatti con la terra erano fasulli, generati dal calcolatore e noi orbitavamo a lunga distanza dal nostro pianeta padre senza possibilità di tornare indietro. Per quel che ne sapevamo in realtà la terra poteva essere stata investita da un meteorite e noi eravamo asini interestellari guidati da una cometa a forma di carota. Bella merda vero? Confidai il tutto al mio fidato compagno di stanza, August III. August era un po' tonto, ci si era sempre chiesti come fosse stato possibile visto la ferrea selezione dei nostri geni ma così stavano i fatti. Aldilà della sua tontaggine cosmica era un bravo ragazzo, uno di quelli che non parla nemmeno se gli rubavi lo zuccherino dalle tasche. Ma che ci volevate fare, le armi erano quelle che erano, il lesto e il tonto insomma; dovevamo fare una rivolta, tanto indietro non si poteva tornare, davanti c'era il nulla ed era decisamente il caso di provare il tutto per tutto.

Facendo il finto interessato ero riuscito ad iscrivermi al corso di "lotta armata aliena". Un corso per fanatici che speravano di approdare in qualche cavolo di pianeta primordiale e fare una strage di piccoli esserini e magari, chi lo sa, bere un po' di brodo primordiale e vedere che succedeva. Fanatici insomma ma con tutte le carte in regola per il progetto di rivolta. August era il mio subordinato e ben presto imparammo a maneggiare i laser e i railgun messi a disposizione. Ore spese al poligono ad esercitarci sparando ad ologrammi grotteschi. Venne poi un giorno, nel quale fiero esibii le mie idee alla classe della lotta armata aliena, e inizialmente, tutti furono presi dallo sgomento, quasi inebetiti dalla notizia della frottola spaziale alla quale tutti avevamo preso parte. Mi presero a calci nel culo, ragazzi ero distrutto se non fosse che la sera stessa si presentarono nel mio cubicolo e mi implorarono di guidarli alla vittoria sovrana. Ebbene, così fu.

Quel gran maiale del sistemista andava sistemato, lui e la sua barbetta, sempre pronto a tirar fuori le sue credenziali di accesso e a sfoggiare passepartout di ogni genere. Lo crivellammo di colpi in sala mensa nello scompiglio generale. Alla fine sembrava un arrosto e fu così che ci imponemmno nel settore B della Celsius V. Era scattato l'allarme generale e i compartimenti si chiudevano a porte stagne. Nessun problema, le credenziali d'accesso di Mr Ebete Sistemista erano perfette al caso nostro. Prendemmo l'intera Celsius V come fosse la bastiglia senza esclusione di colpi e carneficine. Uno dei nostri fu colpito dal resto dell'equipaggio e alla fine il bilancio era per un morto dei nostri contro quarantacinque decessi della resistenza Celsius V. Gettammo i corpi nello spazio siderale. Era giunta l'ora di scoprire qual'era la rotta e dove eravamo diretti, per prima cosa dovevamo localizzare i due giroscopi principali e il programma che li comandava. Scoprimmo che il programma ci dirottava semplicemente in linea retta rispetto l'origine, ovvero le coordinate terrestri. La direzione era orientata verso il red shift cosmico. - Fantastico! Pensai, fantastico un cazzo. I giroscopi erano stati costruiti per rimischiare le carte ogni due mesi. Non segnavano la direzione giusta, venivano scombinati e appositamente segnavano rotte sbagliate. Andavano ricalibrati ma era impossibile oramai e questo significava l'aver vagato per una linea retta che retta non era senza speranza di un log per trovare la strada di ritorno. Una buffonata insomma. L'unica cosa da fare sembrava spararsi un colpo insieme al resto dell'equipaggio che era passato dalla nostra.

Vinse lo spirito di sopravvivenza.

Passarano altri vent'anni e noi eravamo qui, qui nella Celsius V senza sapere esattamente dove ci stavamo muovendo. Anni particolarmente difficili. Addirittura una volta ebbi delle allucinazioni pazzesche, sembrava che tutti si fossero trasformati in alieni verdi stile Project Firestart, un vecchio titolo per Commodore 64. Un altro periodo credevo di essere nella navicella di R-Type. Per un periodo lunghissimo ero convinto che il cosmo fosse una piscina e volevo buttarmici. Ma niente fu come quando August convinto che l'intero equipaggio fosse composto da polpette assassine prese il laser e fece fuori uno ad uno tutto l'equipaggio per poi gettarsi con una scialuppa d'emergenza verso l'ignoto. Dio solo sa dove si trova ora. Risparmiò solo me: - Fatti una bella grigliata vecchio mio – disse il caro August - e bevici sopra qualcosa con queste polpette al sangue, io me ne vado a cercare fortuna altrove ragazzo. Lasciandomi sbigottito.

Ed è così che sono rimasto l'unico nella Celsius V e ora, ora mi ritrovo alla fine. Una perdita di ossigeno nello spazio mi costringe a confinarmi in un cubicolo di fortuna, purtroppo non sono in grado di riparare il sistema di ricircolo dell'aria. L'astronave è dannatamente complicata e io ai tempi, ero troppo impegnato a giocare con Space Invader invece di seguire il corso di Ingegneria Avanzata. Certi errori si pagano con la vita. Ed eccomi qua, Courgh, Courgh Trevor per l'esattezza fissando lo spazio profondo e non avendo scoperto un cazzo di niente mi domando se magari non era meglio rimanersene davanti una birra ghiacciata in riva al mare invece di farsi catapultare come cavie nel cosmo. Colpa delle generazioni precedenti, immagino, ma i fatti stavano così.

Dunque ora indosserò la tuta e mi getterò nello spazio profondo, vagando così per l'eternità. Porto con me, ora il mio diario e se tu, lo leggerai, credici o no significa che fai parte di una razza aliena perché la razza umana, così come la conoscevo non esiste più.

Cervello Primordiale

L'empatia come segnale sinaptico tra gli individui della popolazione umana. Un'enorme cervello primordiale?

Radiotelescopio Funebre

Mi chiamo Koran, Koran Bonelli per l'esattezza, sono passati tanti anni ma solo di recente, sono riuscito a mettere le mani sul vecchio diario del mio amico Alex e posso ora, con precisione e dolore, narrarvi di questa raccapricciante storia forse frutto di un fatale incrocio di casualità o forse, parto di un universo ben più ostile e selvaggio di quanto noi crediamo.

Erano anni dedicati puramente alla ricerca quelli, usavamo, io e Alex, passeggiare lungo il cortile del dipartimento di fisica ogni qualvolta tornava la bella stagione. Ancora più rilassante, era passeggiare nella mite temperatura notturna guardando le stelle. Io e Alex eravamo a capo di un progetto atto alla ricerca di nuove forme di vita e in quanto a strumentazioni non potevamo desiderare di meglio: avevamo il pieno controllo di una serie di potenti radiotelescopi il quale compito era di sondare giorno e notte lo spazio profondo in una moltutitudine di direzioni trasmettendo poi, i segnali radio ricevuti al computer centrale che analizzandoli cercava testimonianze di una forma di vita intelligente. Un caos etereo da sciogliere come un nodo indecifrabile. Inutile dire che impiegavamo i nostri studenti nei lavori più noiosi quali la manutenzione o lo scarto a priori di segnali che davano fin da subito esiti negativi da parte dell'elaboratore. La mole di dati era così vasta da impiegare quasi una sessantina di uomini al lavoro ventiquattrore al giorno e tutto sommato i guasti erano abbastanza contenuti.

Il nostro ufficio, nonchè la sede dell'elaboratore centrale consisteva in due scrivanie ai lati della stanza posizionate in direzioni opposte, mentre al centro, riverso sulla parete, giaceva un terminale-video collegato al nostro colosso elettronico. La posizione delle scrivanie faceva in modo che i nostri sguardi non potessero mai incontrarsi in qualche forma di distrazione e ve lo giuro, non c'era luogo più silenzioso e propenso alla ricerca di quel laboratorio. Il silenzio veniva rotto unicamente da una stampante posizionata a lato del terminale; essa stampava su un'enorme bobina di carta i dati più significativi e i segnali più interessanti.

Passava il tempo e per un lunghissimo periodo i radiotelescopi non diedero alcun esito. All'inizio del progetto accadeva sovente che qualcuno degli studenti facesse capolino alla porta del nostro ufficio convinto che nei tabulati, da noi rigorosamente già ispezionati, ci fosse un segnale che poteva essere riconducibile ad una forma di vita extraterrestre. Confutavamo tale ipotesi sistematicamente e ben presto ci trovammo annoiati e sempre più demotivati. D'inverno usavamo passeggiare avanti e indietro nel nostro ufficio ricoperto di moquette guardando con lunghi silenzi il monitor del terminale a fosfori verdi finchè un giorno, un maledetto giorno si verificò qualcosa di straordinario, qualcosa di unico irripetibile. Dai tabulati dell'elaboratore in mezzo a migliaia di altri insignificanti segnali era apparsa una scritta:


"rispondete".


Ciò sembrava senza senso, si fece largo l'ipotesi che si trattasse scherzo o un guasto, questo era riconducibile al fatto che esisteva un radiotelescopio dedicato alla sola trasmissione di dati. Questi dati tradotti in radiofrequenze consistevano in frasi identiche a quella ricevuta nonchè alcune immagini, piccole descrizioni della terra e mappe del genere umano. Passò qualche giorno e nuovamente il fatto accadde. Interrogammo tutti i nostri studenti, Alex in particolare era molto arrabbiato ed era convinto che qualcuno volesse prendersi gioco di noi e fu così che alla fine quasi tutto il personale/studente se ne andò a causa dei tremendi sbalzi d'umore di Alex. Inutile dire che io e Alex dovemmo compiere una mole di lavoro inimmaginabile e che ormai, vivevamo nel nostro ufficio giorno e notte con le nostre barbe non curate e i nostri occhi rossi rigati dal sonno.

Una mattina Alex mi disse che era ora di cambiare il segnale da trasmettere e per scherzo, oppure per noia inserì la seguente frase:


"qui alex e koran dalla terra, rispondete melme intergalattiche".


Passò una settimana e tra tutti i segnali analizzati trovammo il seguente messaggio:


"brutto scherzo, regoleremo i conti".


Fu allora che Alex ed io andammo su tutte le furie: si trattava quasi certamente di uno scherzo. Settacciammo la configurazione dei radiotelescopi ma non sembrava esserci nessuna anomalia: erano inesorabilmente proiettati nello spazio più profondo; dunque controllammo tutti i cavi e le connessioni ma non c'era niente che facesse pensare ad un intrusione da parte di qualche sabotatore. Un vero e proprio enigma. Lanciammo un altro messaggio:


"alex e koran sono molto arrabbiati".


Ben due settimane dopo mentre dormivamo sulla moquette dell'ufficio ottenemmo la seguente risposta:


"...vorrei che alex potesse ancora arrabbiarsi...".


Quale agghiacciante risposta proveniva dal gelido e profondo spazio? Ribattemmo quasi subito


"chi sei?".


La risposta questa volta arrivò dopo qualche giorno:


"sono koran, chi sei tu? se alex potesse essere qui...".


Tutto questo andava oltre la nostra comprensione, eravamo proprio degli ingenui, pensammo ancora ad uno scherzo e fu così per noia che decidemmo di perdere tempo con quest'assurda situazione. Spedimmo un altro messaggio:


"se tu sei koran noi chi siamo? qui alex e koran".


Risposta:


"alex è morto. koran sono io".


Dunque si trattava sicuramente uno scherzo di pessimo gusto. Una sera Alex ubriaco ipotizzo che in realtà stavamo comunicando con noi stessi e che l'universo era uno specchio dove una volta raggiunti i suoi confini (nemmeno tanto remoti visto che il segnale rimbalzava in un paio di giorni) si attraversava una zona in cui era proiettato un altro universo ma con una traslazione temporale maggiore, in pratica si trattava del futuro. Ci ridemmo su e giurammo di scrivere un articolo su questo azzardo alcolico.

Accadde qualcosa che segnò la mia vita per sempre, dopo qualche mese Alex morì causa un incidente stradale e dopo il lutto ripresomi riprovai, preso dallo sconforto e dai fumi dell'alcol, a inviare un altro messaggio:


"alex è morto".


Risposta:


"lo so.".


Comunicai a lungo con questo remoto interlocutore e con il tempo collegai i fatti e mi convinsi che l'ipotesi di Alex non era affatto una buffonata e che probabilmente stavo comunicando con un me stesso proiettato nel futuro. Ahimè non avevamo preso in considerazione i suoi avvertimenti ma soprattutto Koran ovvero Io, dall'altra parte dell'universo probabilmente non si rendeva conto di stare parlando con il suo omonimo. Mi diedi all'alcool in maniera sempre più decisa e un giorno, un bel giorno diedi fuoco a tutto l'ufficio elaboratore centrale compreso perdendo così le preziose uniche e irripetibili coordinate di trasmissione.

Potete ora credermi un pazzo, ho ritrovato in un vecchio armadio pieno di appunti e scartoffie il diario di lavoro del mio vecchio collega Alex. Ho deciso di rendere nota questa faccenda che mai potrà essere provata o comprovata. Quello che voglio è vivere in pace ma a volte vorrei capire come le mie scelte passate abbiano influito sul mio futuro. Meglio non sapere.

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