Radiotelescopio Funebre

Mi chiamo Koran, Koran Bonelli per l'esattezza, sono passati tanti anni ma solo di recente, sono riuscito a mettere le mani sul vecchio diario del mio amico Alex e posso ora, con precisione e dolore, narrarvi di questa raccapricciante storia forse frutto di un fatale incrocio di casualità o forse, parto di un universo ben più ostile e selvaggio di quanto noi crediamo.

Erano anni dedicati puramente alla ricerca quelli, usavamo, io e Alex, passeggiare lungo il cortile del dipartimento di fisica ogni qualvolta tornava la bella stagione. Ancora più rilassante, era passeggiare nella mite temperatura notturna guardando le stelle. Io e Alex eravamo a capo di un progetto atto alla ricerca di nuove forme di vita e in quanto a strumentazioni non potevamo desiderare di meglio: avevamo il pieno controllo di una serie di potenti radiotelescopi il quale compito era di sondare giorno e notte lo spazio profondo in una moltutitudine di direzioni trasmettendo poi, i segnali radio ricevuti al computer centrale che analizzandoli cercava testimonianze di una forma di vita intelligente. Un caos etereo da sciogliere come un nodo indecifrabile. Inutile dire che impiegavamo i nostri studenti nei lavori più noiosi quali la manutenzione o lo scarto a priori di segnali che davano fin da subito esiti negativi da parte dell'elaboratore. La mole di dati era così vasta da impiegare quasi una sessantina di uomini al lavoro ventiquattrore al giorno e tutto sommato i guasti erano abbastanza contenuti.

Il nostro ufficio, nonchè la sede dell'elaboratore centrale consisteva in due scrivanie ai lati della stanza posizionate in direzioni opposte, mentre al centro, riverso sulla parete, giaceva un terminale-video collegato al nostro colosso elettronico. La posizione delle scrivanie faceva in modo che i nostri sguardi non potessero mai incontrarsi in qualche forma di distrazione e ve lo giuro, non c'era luogo più silenzioso e propenso alla ricerca di quel laboratorio. Il silenzio veniva rotto unicamente da una stampante posizionata a lato del terminale; essa stampava su un'enorme bobina di carta i dati più significativi e i segnali più interessanti.

Passava il tempo e per un lunghissimo periodo i radiotelescopi non diedero alcun esito. All'inizio del progetto accadeva sovente che qualcuno degli studenti facesse capolino alla porta del nostro ufficio convinto che nei tabulati, da noi rigorosamente già ispezionati, ci fosse un segnale che poteva essere riconducibile ad una forma di vita extraterrestre. Confutavamo tale ipotesi sistematicamente e ben presto ci trovammo annoiati e sempre più demotivati. D'inverno usavamo passeggiare avanti e indietro nel nostro ufficio ricoperto di moquette guardando con lunghi silenzi il monitor del terminale a fosfori verdi finchè un giorno, un maledetto giorno si verificò qualcosa di straordinario, qualcosa di unico irripetibile. Dai tabulati dell'elaboratore in mezzo a migliaia di altri insignificanti segnali era apparsa una scritta:


"rispondete".


Ciò sembrava senza senso, si fece largo l'ipotesi che si trattasse scherzo o un guasto, questo era riconducibile al fatto che esisteva un radiotelescopio dedicato alla sola trasmissione di dati. Questi dati tradotti in radiofrequenze consistevano in frasi identiche a quella ricevuta nonchè alcune immagini, piccole descrizioni della terra e mappe del genere umano. Passò qualche giorno e nuovamente il fatto accadde. Interrogammo tutti i nostri studenti, Alex in particolare era molto arrabbiato ed era convinto che qualcuno volesse prendersi gioco di noi e fu così che alla fine quasi tutto il personale/studente se ne andò a causa dei tremendi sbalzi d'umore di Alex. Inutile dire che io e Alex dovemmo compiere una mole di lavoro inimmaginabile e che ormai, vivevamo nel nostro ufficio giorno e notte con le nostre barbe non curate e i nostri occhi rossi rigati dal sonno.

Una mattina Alex mi disse che era ora di cambiare il segnale da trasmettere e per scherzo, oppure per noia inserì la seguente frase:


"qui alex e koran dalla terra, rispondete melme intergalattiche".


Passò una settimana e tra tutti i segnali analizzati trovammo il seguente messaggio:


"brutto scherzo, regoleremo i conti".


Fu allora che Alex ed io andammo su tutte le furie: si trattava quasi certamente di uno scherzo. Settacciammo la configurazione dei radiotelescopi ma non sembrava esserci nessuna anomalia: erano inesorabilmente proiettati nello spazio più profondo; dunque controllammo tutti i cavi e le connessioni ma non c'era niente che facesse pensare ad un intrusione da parte di qualche sabotatore. Un vero e proprio enigma. Lanciammo un altro messaggio:


"alex e koran sono molto arrabbiati".


Ben due settimane dopo mentre dormivamo sulla moquette dell'ufficio ottenemmo la seguente risposta:


"...vorrei che alex potesse ancora arrabbiarsi...".


Quale agghiacciante risposta proveniva dal gelido e profondo spazio? Ribattemmo quasi subito


"chi sei?".


La risposta questa volta arrivò dopo qualche giorno:


"sono koran, chi sei tu? se alex potesse essere qui...".


Tutto questo andava oltre la nostra comprensione, eravamo proprio degli ingenui, pensammo ancora ad uno scherzo e fu così per noia che decidemmo di perdere tempo con quest'assurda situazione. Spedimmo un altro messaggio:


"se tu sei koran noi chi siamo? qui alex e koran".


Risposta:


"alex è morto. koran sono io".


Dunque si trattava sicuramente uno scherzo di pessimo gusto. Una sera Alex ubriaco ipotizzo che in realtà stavamo comunicando con noi stessi e che l'universo era uno specchio dove una volta raggiunti i suoi confini (nemmeno tanto remoti visto che il segnale rimbalzava in un paio di giorni) si attraversava una zona in cui era proiettato un altro universo ma con una traslazione temporale maggiore, in pratica si trattava del futuro. Ci ridemmo su e giurammo di scrivere un articolo su questo azzardo alcolico.

Accadde qualcosa che segnò la mia vita per sempre, dopo qualche mese Alex morì causa un incidente stradale e dopo il lutto ripresomi riprovai, preso dallo sconforto e dai fumi dell'alcol, a inviare un altro messaggio:


"alex è morto".


Risposta:


"lo so.".


Comunicai a lungo con questo remoto interlocutore e con il tempo collegai i fatti e mi convinsi che l'ipotesi di Alex non era affatto una buffonata e che probabilmente stavo comunicando con un me stesso proiettato nel futuro. Ahimè non avevamo preso in considerazione i suoi avvertimenti ma soprattutto Koran ovvero Io, dall'altra parte dell'universo probabilmente non si rendeva conto di stare parlando con il suo omonimo. Mi diedi all'alcool in maniera sempre più decisa e un giorno, un bel giorno diedi fuoco a tutto l'ufficio elaboratore centrale compreso perdendo così le preziose uniche e irripetibili coordinate di trasmissione.

Potete ora credermi un pazzo, ho ritrovato in un vecchio armadio pieno di appunti e scartoffie il diario di lavoro del mio vecchio collega Alex. Ho deciso di rendere nota questa faccenda che mai potrà essere provata o comprovata. Quello che voglio è vivere in pace ma a volte vorrei capire come le mie scelte passate abbiano influito sul mio futuro. Meglio non sapere.

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